"A volte per vivere bisogna fingersi morti" disse il vecchio con la barba bianca.
Francesco Leviski, aveva da poco compiuto 20 anni e lo guardò in volto con aria interrogativa.
"Ma sì, sì, è come ti sto dicendo io! Se non mi fossi finto morto in quel lontano 1965 non sarei qui ad ammazzare mosche o andar dal medico per curare le stramaledette emorroidi!"
Francesco abbozzò un sorriso "Ma signore, cosa le successe nel 1965?"
Il vecchio starnutì improvvisamente e cominciò a frugare fra le tasche in cerca di un fazzoletto.
"Ma cosa vuoi che ti importi cosa mi successe quel giorno! Fidati che per vivere a volte bisogna fingersi morti stecchiti, fingere di non aver fiato.. insomma ragazzo, fai il morto!"
Di nuovo il vecchio starnutì.
Il giovane incuriosito notò che una leggera brezza accarezzava le foglie dell'albero di Tiglio e si diresse verso la sdraia per prendere la coperta e darla al vecchio.
"Dove stai andando, Dario?"
"Non sono Dario, mi chiamo Francesco, Signore"
"Francesco chi?"
"Leviski, Signore.."
"Oh Cristo!" Imprecò il vecchio "ora pure i sovietici vengono a sfrattarci!"
"Signore sono nato in Italia.."
Nel frattempo il giovane porse la coperta all'anziano che ignorò il gesto guardando oltre il giardino.
"A che ora si mangia giovanotto? Un uomo maturo come me ha bisogno di mantenere le sue abitudini!"
"Alle 19:30 signore.."
"Hai detto bene, sono le 19:30"
"Signore, sono le 16:30!"
"Insomma ragazzo! Ti vuoi decidere? Alle 19:30 o alle 16:30?"
Il giovane incredulo rimase un poco perplesso, ma allo stesso tempo provò una certa simpatia per il vecchio che con quei suoi occhietti un poco a mandorla e le rughe intorno alle labbra, gli dava un'aria molto saggia. Evitò di rispondere chiedendogli quale fosse il suo piatto preferito, ma il vecchio rimase per qualche minuto in silenzio.
Al di là della siepe si sentì rombare in strada un motorino.
Ed il vecchio riprese a parlare mentre guardò un'ape volargli intorno:
"Il miele" disse.
Altro silenzio e l'anziano signore fissò un punto vuoto fra l'erba fresca.
Il ragazzo rimase in piedi a fianco della panchina in cui era seduto il vecchio, diresse il suo sguardo verso il portico dove vide altri ragazzi del volontariato giocare a carte con delle signore simpatiche e gentili, ogni tanto si sollevava nell'aria qualche timida risatina.
Si sedette e sospirò piano, con la certezza che il vecchio non lo sentisse affatto.
"Che ci fate voi giovani in un posto come questo?" Disse ad un tratto e tutto d'un fiato il signore.
Francesco, che non se l'aspettava proprio, rimase a bocca semiaperta, in attesa che gli uscisse qualche frase schietta ma garbata:
"Facciamo del semplice volontariato"
"Alla tua età pensavo a tutto tranne a fare del volontariato a dei vecchi rinchiusi in una specie di alloggio noioso e stitico"
"Stitico?"
"Sì, stitico di divertimento!"
A Francesco scappò una breve risata.
"Che ti ridi giovanotto?" disse in tono serio il vecchio voltandosi dalla sua parte ma senza guardare in viso il ragazzo "Alla tua età scopavo come un coniglio e mangiavo ciccia e bietola per lavorare!"
Il giovane si sentii un po' indeciso sulle risposte, ma non riusciva di certo a frenare il suo sorriso, capii di ammirare la sfacciataggine più sincera del signore.
"Ma non ha piacere della compagnia di noi giovani? Agli altri anziani sembra..." non fece in tempo di finire la frase che il vecchio alzò la voce infuriandosi.
"Quali anziani? Porta rispetto giovanotto, qua siamo persone mature, non vecchi rincoglioniti! "
"Mi perdoni non intendevo dire che.."
"Che cosa? Pensi che abbiamo bisogno della vostra pietà e sostegno in attesa della vecchia volpe Morte?! Che razza di maleducato!"
Sbuffò il signore cercando di rimettersi sulle sue gambe.
"Le chiedo scusa! Non avevo alcuna intenzione di offenderla!"
Sicuramente per testardaggine ed orgoglio in pochi secondi il vecchio si mise in piedi e con il bastone alla sua destra avanzò di qualche passo.
Si posò il senso della vergogna fra i pensieri di Francesco e in cuor suo sentii di non poter sopportare quella risposta rabbiosa del vecchio, aveva intenzione di rimanere ancora in sua compagnia, perciò si alzò anche lui ma rimanendogli di spalle desiderava porgere le più sincere scuse e rimanergli a fianco.
Il vecchio scosse ancora la testa, come per allontanare qualche pensiero insidioso e porse di nuovo il fazzoletto al naso ma invece di soffiare, tossì.
Camminava lentamente con il suo bastone e si avvicinò ad un ghermito cespuglio di more.
Lo osservava con accuratezza alzando ed abbassando lentamente il viso, sembrava come se stesse ammirando un quadro dai suoi incredibili dettagli.
Il giovane, come un cane bastonato, gli stava dietro, ma senza scodinzolare gli chiese:
"Vuole che gli raccolga qualche mora?"
Il vecchio non rispose, vi erano solo le chiacchiere da sotto il portico a disturbare il silenzio; e Francesco comprese che probabilmente era più corretto rimanere zitto e seguire i suoi movimenti.
Il signore ispirò profondamente, trattenne il fiato per qualche secondo e poi sospirò.
Il giovane si sentì assorto in una bolla di sensazioni: quiete carica di nostalgia? malinconia? solitudine? attesa? Non sapeva ben definirla ed anche lui infine sospirò riprendendo a seguire i lenti e pesanti passi del vecchio.
Lo vedeva muoversi in quella sua giacchetta di cotone color cannella ed i pantaloni grigi stretti in una cintura di pelle nera. In giovane età sarà sicuramente stato un atleta oppure semplicemente un ragazzo che faceva il manovale per qualche fabbrica, perchè le ampie spalle erano ancora lì anche se tendeva ad incurvarsi in avanti come per proteggersi il petto e chiudersi in se stesso.
Nella mente di Francesco piombò l'immagine di suo nonno quando a causa della sua infermità lo vedeva spesso steso a letto in posizione fetale, come se volesse tornare al grembo materno; allora lo compativa non tanto e infastidito dalla debolezza di suo nonno lo intimava ad alzarsi, a vestirsi e ad uscire di casa facendo delle passeggiate in carrozzina con la badante. Non poteva sopportare di vedere il nonno a letto in cerca di protezione come se fosse un poppante.
A questo ricordo, il giovane sentì dentro di sè qualcosa di sbagliato e deglutì la sua stessa saliva.
"Oh Carla.." sussurrò il vecchio che sembrava aver dimenticato la presenza del giovane alle sue spalle.
Francesco tornò al presente alzando di nuovo gli occhi verso il signore.
"Carla cara, ti piacerebbe ballare ancora con me?" sembrò porre le domande ai fiori di oleandro. "Io suppongo di sì, anche se non mi davi mai la soddisfazione di vederti colma di gioia e di eccitazione quando ti prendevo fra le mie braccia!" Sorrise allungando la sua mano rugosa verso le foglie, come per accarezzare le gote di un viso di fantasma.
"Però tu, mia bella furba signora, anche se non mi davi la soddisfazione di sentirtelo dire, lo potevo sentire, lo potevo vedere nel brillio dei tuoi azzurri occhi!" sorrise con quel suo sguardo un po' perso, poi abbassò di nuovo il volto verso l'erba e tornò a muovere qualche passo in avanti, verso il sentiero dei noccioli.
Un odore di rose rosse inebriò l'aria e Francesco respirò a pieni polmoni, come incantato da una realtà passata e presente.
"Sai ragazzo.." continuò il vecchio, ma il giovane non rispose per non interrompere quel silenzio stabilitosi fra loro.
"Se solo avessi un minimo dei tuoi giorni giovani, della tua forza e agilità, tornerei a quei tempi passati per raccontare a Carla ed a tutti i miei cari amici, quanta pace ci sia durante il tramonto!"
Il giovane non comprese affatto le ultime parole di quel desiderio: quanta pace ci sia durante il tramonto?!
Ma il signore come se avesse sentito i suoi dubbi continuò dicendo:
"Ah! Non t'allarmare di quel che dice uno come me.. tanto sono solo volontà impossibili e alla fine mi va bene così, se Dio vuole può anche farmela fare finita!"
"Ma che cosa dice!" tradì la voce spontanea del giovane "Ha ancora tante cose da fare!"
Per la prima volta Francesco vide il signore compiacersi in un sorriso.
"Quali cose, ragazzo?"
"Beh, per prima cosa, mi potrebbe insegnare.. non so, insegnarmi qualcosa che lei ha imparato!"
"Non basterebbe una vita, e poi sei talmente giovane che per farti entrare qualcosa in quella zucca ci vorrebbe la spiegazione di un vecchio saggio e paziente, ed io non sono nessuna delle tre cose!"
"Non dica così, sa benissimo che potrebbe comunque farlo e sono certo che sarà una buona azione"
"Non ho buone o cattive azioni da fare"
"Ma non è questo il punto, le sto dicendo che per me, per me sarebbe una buona azione, una buona cosa, voglio continuare a parlare con lei!"
Il vecchio alzò le sopracciglia, ora era lui che non capiva affatto il giovane: ma che cosa voleva che gli insegnasse?
Per tutta la vita non aveva fatto altro che l'operaio in una fabbrica che ora nemmeno ne esisteva più il nome. Aveva avuto una famiglia, certo, una donna e, sì, anche l'amante, aveva avuto un figlio e soprattutto tanti amici. Ma niente che avesse a che fare con la professione di insegnante!
"Potrebbe, ecco" disse con tono dubbioso il giovane ma deciso di andare fino in fondo "spiegarmi che cosa le successe in quel lontano 1965"
Il signore lo guardò per la prima volta negli occhi e si chiese fra sè e sè Ma che vuole questo petulante?
Ma nel suo cuore, nasceva la sensazione che il giovanotto fosse tutto sommato in buona fede. Glielo leggeva ora negli occhi, quella curiosità un po' infantile e un po' come lo sono tutti i giovani che ancora non sanno se essere pesce o carne. A tal pensiero gli venne da ridere ed il ragazzo allora sorrise e se avesse davvero avuto una coda avrebbe scodinzolato come un cane docile ed affettuoso al suo padrone.
Il vecchio portò di nuovo il fazzoletto al naso, e questa volta lo soffiò veramente. Riprese a camminare seguito da Francesco.
"Devi sapere allora che nel 1965..."
Una gazzaladra svolazzò intorno ai due e si posò sul ramo di un enorme pino sopra le loro teste. Scrollò le piume e rimase ad osservare fra i cespugli qualcosa da mangiare.
[ F I N E ]
Autore: Docean Drop